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Il paradosso della sostenibilità ambientale in Italia

Immagine del redattore: GiuliaMontagutiGiuliaMontaguti

Aggiornamento: 13 feb 2023

Egregio Lettore,

a pochi mesi dalla mia seconda Laurea in Scienze Ambientali, e con una tesi sulla sostenibilità ambientale degli imballaggi flessibili, mi sto scontrando con un paradosso: tutti parlano di sostenibilità ambientale e, di cosa sia, o meno, ecologico… Ma davvero tutti conoscono il significato di sostenibile? O di ecologia?

In base alla mia esperienza, mi sento di rispondere che questi concetti vengono ancora poco considerati e approfonditi, sia da parte della gente comune sia da un gran numero di aziende. Vengono reputati, spesso, incombenze difficili da amministrare o di importanza secondaria.

Altri li considerano noiosi e appena sentono nominare i termini “certificazione ambientale” o “Life Cycle Assessment” mi guardano spaventati e mi chiedono una spiegazione: un po’ perché non sanno bene di cosa si tratti, un po’ perché cercano di “scaricare la patata bollente” alla prima stagista.

Ovviamente, per essere approvate sul piano scientifico e avere un valore a livello industriale e di mercato, le certificazioni vanno verificate e validate attraverso l’utilizzo di algoritmi e strumenti matematici. Per svolgere queste elaborazioni si rendono necessari dati di varia natura, dal mio punto di vista difficili da reperire. Sembra che la cosa importante per un’azienda sia vendere un prodotto, anche senza la minima coscienza o interesse circa il suo destino ambientale.

Peccato che il possesso di corrette certificazioni ambientali e di sostenibilità di prodotto potrebbe essere di grande vantaggio anche per le attività di vendita. Senza contare che, prima o poi, tali certificazioni verranno rese obbligatorie per il commercio di qualsiasi prodotto … Quindi perché continuare a essere scettici o rinviare l’adempimento a queste regole, quando esistono esperti pronti a erogare consulenza e assistenza?

A livello universitario esistono approfondite conoscenze in materia ambientale e di ricerca, ma sembra che il mondo esterno non ne voglia sapere. Tutti hanno sulla bocca la parola “ambiente”, ma la maggior parte non ne è coinvolto realmente o non possiede le conoscenze per discuterne in modo consapevole.

Molto spesso mi ritrovo a combattere con persone convinte che il mio corso di studio sia uguale a Biologia o a Chimica, o che “da grande” voglia lavorare per GreenPeace o con Greta.

Rispondo con un sorriso di circostanza, spiegando che il CdL in Scienze Ambientali dovrebbe essere più conosciuto e sponsorizzato, al pari di lauree in Medicina e Chirurgia. Questo perché, prima dell’uomo, viene l’ambiente nel quale vive: l’uomo non deve prevalere sull’ambiente, bensì imparare a conoscerlo e a rispettarlo.

A modo suo, l’ambiente sta gridando aiuto e sta solo a noi ascoltare il suo grido d’allarme. Almeno proviamo ad ascoltare le voci dei “dottori dell’ambiente”, che dopo anni di studio e specializzazioni rischiano di essere ridicolizzati da capi di stato sprezzanti, da adolescenti indemoniati o da norme e tasse dal valore e senso discutibili.

Ovviamente, nel momento in cui decadranno tutti i preconcetti e l’uomo maturerà davvero una coscienza ambientale, si potrà discutere in modo intelligente di ecologia e sostenibilità ambientale, di riciclato e riciclabile. Concetti, che ancora oggi, mi sembrano rimanere astratti e spesso anche confusi.

Mi auguro di poter assistere presto a una nuova “rivoluzione industriale”, che metta l’ambiente al centro di tutte le attività industriali o aziendali, ma soprattutto contribuisca a sensibilizzare la coscienza dei singoli. Di tutti noi.


Lettera pubblicata dalla Dott.ssa Giulia Montaguti sulla rivista «ItaliaImballaggio - Gennaio-Febbraio 2020»


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